Si conclude così una delle sentenze storiche emesse dalla Corte Suprema del Nepal, con la quale ha espresso la volontà di riconoscere il matrimonio omossessuale. Riconoscimento che arriva postumo ad un ordine impartito alle autorità governative di riconoscere un coniuge straniero gay di un cittadino nepalese e istruendo, così, gli operatori a muoversi verso la legalizzazione del matrimonio omosessuale.
E’ necessario un passo indietro. Il caso prende avvio con il matrimonio tra un cittadino nepalese e suo marito tedesco dopo che a quest’ultimo è stato negato un visto non turistico dal Dipartimento dell’Immigrazione del Nepal. La coppia si era sposata in Germania nel 2018 con l’intenzione di trasferirsi in seguito in Nepal, ma la loro richiesta è stata negata perché il modulo della domanda non riportava la formula “marito” e “marito”.
La coppia ha così deciso di portare il proprio caso davanti alla Corte Suprema, citando due sentenze precedenti nelle loro conclusioni: la prima riguardante una coniuge di una coppia lesbica che nel 2017 si è vista negare un visto non turistico. Il secondo caso, invece, risale al 2007 quando, in risposta a una petizione presentata da attivisti LGBTQIA+, la Corte Suprema ha deciso di costituire un comitato ad hoc, istituito con la funzione di avviare uno studio della legislazione sul riconoscimento del matrimonio omossessuale in tutto il mondo e che si concluse con una sentenza che proclamava la piena liceità di un adulto ad avere relazioni coniugali con un altro adulto, dietro libero consenso e dietro la sua volontà.
Basandosi su queste sentenze, dunque, la Corte Suprema nepalese si è pronunciata favorevolmente nei confronti dei due protagonisti della vicenda, sottolineando come e quanto il mancato riconoscimento del matrimonio omossessuale violi, di fatto, la costituzione del Nepal, così come gli obblighi internazionali in materia di diritti umani del Paese. Inoltre, il tribunale nepalese ha disposto al Dipartimento dell’immigrazione di fornire un visto non turistico al cittadino tedesco, coniuge di quello nepalese.
Kyle Knight, ricercatore senior per i diritti LGBTQIA+ presso Human Rights Watch, ha commentato la sentenza, evidenziando quanto questa vicenda abbia acceso nuovamente i riflettori sulla Corte Suprema e sulla tardiva attuazione da parte del governo degli ordini giudiziari disposti per il riconoscimento delle relazioni omossessuali. Lo stesso ricercatore ha poi onorato il merito del Nepal nell’essere pioniere nel mondo, da tempo, in tema di diritti LGBTQIA+, ma ha sottolineato quanto non abbia sempre potuto contare sul supporto concreto del governo che lo amministra. Insomma, non è vero che l’erba del vicino sia sempre più verde e questa ne può essere una valida dimostrazione.
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